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domenica 17 gennaio 2010

L’assassino di Ramelli fa carriera: è diventato primario in Puglia



di Stefano Zurlo

L’omicidio Ramelli viene da questa pratica di violenza e intimidazione. Ramelli fu oggetto di una persecuzione scientifica per mesi: fu picchiato, minacciato, insultato. In particolare, il 13 gennaio ’75 era stato circondato da un’ottantina di studenti e costretto a cancellare con vernice bianca scritte fasciste apparse sui muri del Molinari; e sempre a scuola aveva subito addirittura un processo politico per aver scritto un tema troppo sbilanciato a destra. Infine, il 13 marzo, ecco l’agguato. Sergio Ramelli viene ricoverato al Policlinico in condizioni disperate. Gli hanno sfondato il cranio. Ma il ragazzo non vuole morire. Resiste per un mese e mezzo. Un’agonia straziante, le visite della madre, piccoli cenni di miglioramento, poi il 29 aprile il collasso e la morte. E non basta, perché il giorno prima un gruppo di facinorosi ha raggiunto la casa dei Ramelli gridando slogan contro il fratello Luigi e minacciando pure lui. Questa è la Milano di metà anni Settanta, in cui i funerali si svolgono in forma semiclandestina per motivi di ordine pubblico. E la memoria di Ramelli si riduce a ben poca cosa: una foto che mostra un ragazzo con i capelli lunghi e gli occhi castani.
Dieci anni dopo l’indagine e le condanne. Prima per omicidio preterintenzionale, poi, in appello, per omicidio volontario. Belpiede, secondo la ricostruzione della magistratura, avrebbe partecipato all’aggressione con un ruolo di copertura. Lui nega: «Non c’ero quel giorno in via Amadeo». In primo grado gli danno 13 anni, in appello 7, pena confermata in Cassazione. «Sono rimasto in cella un paio d’anni - spiega lui al Giornale - quando mi hanno arrestato ero capogruppo del Pci a Cerignola, ho lasciato per sempre la politica, è stata una tragedia. Violante mi ha consolato e l’avvocato di parte civile Ignazio La Russa mi ha rincuorato. Voglio ricordare che sono stato condannato sulla base di dichiarazioni di pentiti che si ricordavano a malapena chi fossi. Ora non ho niente di cui pentirmi. Ho solo svolto con passione il mio lavoro di ginecologo». Oggi Belpiede si tiene stretto il suo posto di primario.

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