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giovedì 27 gennaio 2011

UNA STORIA POCO NOTA


. UN EPISODIO POCO NOTO DI SANDRO PERTINI
VE LO RACCONTIAMO NOI!

LUISA FERIDA
A soli 31 anni ed incinta di un bambino (l'unico figlio Kim avuto da Valenti era morto poco dopo la nascita ) la Ferida fu uccisa dai partigiani all'Ippodromo di San Siro a Milano assieme a Valenti il 30 aprile 1945, dopo un sommario processo



Ripercorrere le tappe della vita di Sandro Pertini equivale a leggere un appassionante capitolo di storia del nostro Paese.
Pertini nasce a Stella (Savona) il 25 settembre del 1896. La madre Maria Muzio ebbe cinque figli, Sandro, Gigi, Giuseppe detto Pippo, Eugenio e Marion. Il padre Alberto morì giovane, fu la madre a doversi prendere cura dei figli, dei terreni agricoli e delle cascine ereditate. Con il fratello Eugenio, Sandro frequentò il ginnasio nel collegio dei salesiani di Varazze, dei quali diceva: "Mi hanno insegnato ad amare i poveri.


] Luisa Ferida, pseudonimo di Luigia Manfrini Farné (Castel San Pietro Terme, 18 marzo 1914 – Milano, 30 aprile 1945), è stata un'attrice italiana. Fu una delle più note e capaci attrici del cinema italiano nel decennio 1935-1945.
Il film di Blasetti la proiettò rapidamente verso un orizzonte divistico di rilievo, permettendole di mettere in evidenza il suo temperamento grintoso e la sua recitazione asciutta e nervosa.
L'incontro con Osvaldo Valenti, cui si legò sentimentalmente, sul set di questo film coincise con il periodo di maggior successo della sua carriera. I registi più popolari dell'epoca iniziarono a offrirle ruoli di sempre maggiore importanza. Negli ultimi anni della sua carriera, la Ferida venne valutata attrice di grande sensibilità interpretativa.
L'adesione alla Repubblica di Salò [
Durante il regime fascista i due attori non si erano distinti per le loro posizioni politiche. Famosa era, negli ambienti mondani romani, l'imitazione che Valenti faceva del Duce, suscitando l'ilarità generale.
A seguito dell'Armistizio, Ferida e Valenti furono tuttavia fra i pochi divi del cinema dei telefoni bianchi - come viene abitualmente chiamato il periodo della cinematografia fascista - ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana, alleata dei nazisti. Lasciarono così Roma (e Cinecittà) per trasferirsi al Cinevillaggio, il neonato centro cinematografico della R.S.I. di Venezia, diventandone i più noti esponenti.
Successivamente, nella primavera del 1944, Valenti entrò col grado di tenente nella Xª Flottiglia MAS comandata dal principe Junio Valerio Borghese e i due si spostarono a Milano. Fu in questa fase che ebbero luogo le frequentazioni con la famigerata banda di Pietro Koch.

La fucilazione ECCO COSA FECE IL GRANDE PRESIDENTE
Nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione di Milano i due attori pagarono con la vita la loro notorietà associata al regime fascista, l'appartenenza di Valenti alla Xª Flottiglia MAS e la frequentazione della Villa Triste, a Milano, sede della banda Koch.
A 31 anni, incinta di un bambino (Kim, l'unico figlio avuto da Valenti, era morto poco dopo la nascita), la Ferida fu fucilata dai partigiani in via Poliziano a Milano assieme a Valenti il 30 aprile 1945, dopo un sommario processo nel quale fu accusata di collaborazionismo e soprattutto di aver torturato alcuni partigiani imprigionati a Villa Triste. Non è mai stata accertata in sede giudiziale una loro responsabilità rispetto alle attività della banda Koch.[1]
Giuseppe Marozin, detto "Vero", capo della Brigata partigiana "Pasubio" e responsabile dell'esecuzione della Ferida, dichiarò, nel corso del procedimento penale a suo carico per quell'episodio: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti.» Marozin affermò anche che l'ordine di effettuare l'esecuzione della Ferida e di Valenti venne direttamente dal C.L.N.A.I. nella persona di Sandro Pertini ("Quel giorno - 30 aprile 1945 - Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: "Fucilali, e non perdere tempo!"[3]). A detta di Marozin, Pertini si rifiutò di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva scritto durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni che avrebbero potuto scagionare i due attori da ogni accusa. Non ci sono tuttavia altre fonti che confermino il diretto coinvolgimento di Pertini.
Dalla casa milanese di Valenti e Ferida, qualche giorno dopo la loro fucilazione, venne sottratto un autentico tesoro, del quale Marozin nel dopoguerra ammise la "confisca", ma sostenne di non ricordare dove tali beni fossero finiti: "Una parte fu restituita, credo, alla madre della Ferida- circostanza categoricamente smentita da quest'ultima n.d.r.- il resto andò a Milano"."
FINI’ COSI’
Negli anni cinquanta la madre della Ferida fece domanda al Ministero del Tesoro per ottenere una pensione di guerra, essendo la figlia la sua unica fonte di sostentamento. Si rese necessaria, pertanto, una accurata inchiesta da parte dei Carabinieri di Milano per accertare le reali responsabilità della Ferida, al termine della quale si concluse che "la Manfrini dopo l'8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche dell'epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in danno della popolazione italiana e del movimento partigiano". Al termine di tale inchiesta, la madre di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati.
AVOI IL GIUDIZIO